Vulcani e clima “pazzo”

Il segreto custodito nella stalagmite dei Maya anche due ricercatori italiani nel team internazionale che ha realizzato lo studio

Siccità o neve fuori stagione, grandi tempeste, piogge anomale e inondazioni: dietro al clima impazzito ci sarebbero anche i vulcani a giocare un ruolo di primo piano. La conferma alla teoria che attribuisce proprio ai vulcani un ruolo fondamentale per l’evoluzione climatica del pianeta era conservata in Guatemala, per l’esattezza in una stalagmite che è stata l’oggetto di studio di un team internazionale di ricercatori, pubblicato oggi sulla rivista scientifica Nature Communications.

Stalagmiti

Nei profondi mari del Belize

Periodi di intensa e prolungata attività vulcanica sembrano in grado di indurre importanti variazioni di piovosità nelle regioni tropicali, dove vive circa la metà della popolazione del pianeta. E’ la conclusione a cui è giunto il team di studiosi guidato da Amos Winter, paleoceanografo e climatologo dell’Università di Portorico, e di cui fanno parte due italiani: l’oceanografo e climatologo Angelo Rubino e il climatologo Davide Zanchettin dell’Università Ca’ Foscari Venezia.

Ma come si è arrivati alla stalagmite del Guatemala? Andando alla ricerca di informazioni sul passato più remoto del clima terrestre. E quale miglior fonte delle stalattiti e delle stalagmiti che per formarsi impiegano secoli e a in alcuni casi millenni? Insomma, sono dei veri e propri “archivi” della nostra storia climatica.

Punto di partenza, l’America Centrale, considerata la regione tropicale più esposta ai cambiamenti climatici. Gli scenari di riscaldamento globale delineati dai modelli climatici suggeriscono che questa terra potrebbe essere, in futuro, soggetta a una sostanziale riduzione delle precipitazioni, con possibili gravi danni all’industria e all’agricoltura locale.

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Guatemala, nel “mondo perduto” dei Maya

 

Le piramidi maya di Tikal 

Un viaggio nella foresta pluviale del Paese latino-americano. Da Tikal ad Antigua passando per Atitlàn. Tra piramidi, memorie coloniali, i richiami delle scimmie urlatrici e chiese-mercato ricavate sui resti degli antichi templi precolombiani.
di ANNA MARIA DE LUCA

“Mundo perdido” è scritto su un cartello che indica a destra, tra gli immensi alberi della foresta pluviale, mentre una scimmia salta da un ramo all’altro. Siamo in Guatemala, nel cuore dell’antica civiltà Maya. Surreale, magico, antico, di straordinaria ricchezza naturale: un Paese che sta mantenendo forte la propria identità tra città coloniali e piramidi Maya.

Guatemala. Tikal e il Mondo Perduto Maya.

Partiamo da Tikal  che significa “lugar de las voces de los spiritos“ed in effetti cosi è. La voce degli alberi secolari, degli animali, del vento attraversa questo meraviglioso luogo Patrimonio Unesco dal ’79. Oggi Tikal è un immenso parco nazionale grande 576 chilometri quadrati e lungo 24 chilometri ma fino al collasso del periodo pre-classico, era la potenza politica maggiore di tutta l’area guatemalteca.

El mundo perdido

El mundo perdido

Una potenza evidente nel codice simbolico delle concezioni cosmiche Maya che permea templi e piramidi nel cuore della jungla: qui già dal 600 a. C. si scolpivano su steli di pietra le mappe del cielo.  Tikal non fu mai distrutta da un esercito o da un invasore: fu semplicemente abbandonata. Per circa mille anni rimase sepolta sotto un intricato strato di vegetazione, fino a quando, nel 1848 i ricercatori Modesto Mendes, Ambrosio Tut ed Eusebio Lara portarono alla luce, nelle vicinanze della città, una stele con geroglifici. Anche in questo si esprime il fascino misterioso di Tikal: templi e piramidi intoccabili in quanto protetti dalla jungla e da metri di terra e foglie che avvolgono ancora oggi le tante costruzioni Maya non ancora portate alla luce.

Seguendo il cartello che indica il Mondo Perduto  –  l’area delle piramidi preclassiche  –  si cammina tra colline a punta che custodiscono nel loro ventre secolari costruzioni Maya. Non è raro qui incontrare turisti in visita al parco cedere all’emozione davanti a tronchi millenari, in un abbraccio silenzioso benedetto dal volo degli uccelli: sintonizzano il proprio respiro con il respiro dell’albero, il proprio battito con il ritmo profondo della natura. Si prosegue sotto i rami dei cedri tropicali, del mogano e  dei famosi ceiba (Ceiba pentandra), alberi consacrati dai Maya. L’albero della vita,  perfetto nel suo equilibrio di rami e foglie che cesellano ombra e sole, sembra attirare i sogni e le speranze che ognuno porta nella testa e nel cuore, camminando nella jungla, in contatto con se stessi e la natura che si fa simbolo. Come il quetzal, il meraviglioso uccello dalle piume colorate venerato dai Maya e dagli Aztechi, ispiratore del mito del serpente piumato e del dio Quetzalcoatl.  Se messo in gabbia, muore poco dopo: per questa sua natura di libertà è il simbolo del Guatemala ed è anche il nome della moneta che dal 1924 ha sostituito il Peso guatemalteco: le sue piume erano considerate talmente preziose da essere usate come moneta di scambio.

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Guatemala: se l’ex dittatore è “demente”…

Demenza vascolare mista”. È questa la diagnosi per l’ex dittatore guatemalteco José Efraín Ríos Montt (1982-1983), 89 anni, su cui pesa un processo per “genocidio. Il rapporto psichiatrico presentato ai giudici parla chiaro: “Il quadro demenziale non è reversibile” ha dichiarato Walter Rinsen, uno dei medici che hanno esaminato l’anziano generale a riposo nell’ospedale Los Pinos, dove è stato ricoverato una settimana fa.

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La demenza è dovuta ad un’aritmia cardiaca, il paziente non ha l’uso delle sue facoltà mentali, non può concentrarsi e soffre problemi cardiovascolari” ha insistito Rinsen, prima di tirare le inevitabili conclusioni. Ovvero che l’uomo dal passato più oscuro nell’arco della lunga guerra civile (1960-1996) non è in grado di essere processato. Ma a deciderlo sarà ora il tribunale.

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Rama versus canal

Rama Cay è un’isola di 22 ettari che emerge dal mare a circa 1,5 Km dalla costa caraibica del Nicaragua, sull’isola vivono 2.000 Rama, circa la metà di un piccolo popolo indigeno che, a differenza della maggioranza dei nicaraguensi che parlano spagnolo, parla Rama Cay Kriol, un creolo inglese ormai incomprensibile per chi parla inglese standard. rama_cay-300x200I Rama vivono soprattutto  di pesca e di agricoltura di sussistenza, che praticano nei loro territori sul continente. Come racconta Emily Liedel su Hakai Magazine nell’articolo “The Rama Versus the Canal”, Becky McCray che, diversamente dalla maggior parte dei Rama, ha una laurea e parla fluentemente lo spagnolo, è diventata l’avvocato delle comunità indigene della regione caraibica del Nicaragua che, storicamente, hanno pessimi rapporto con il governo sandinista di Managua. Ora la McCray è soprattutto impegnata a proteggere il territorio di Ramache sarebbe diviso in due dal canale interoceanico del Nicaragua e sottolinea: «Dove andranno a mettere il canale è dove la nostra gente va a pescare. Sopravviviamo di questo». Infatti, il territorio ancestrale dei Rama si estende anche lungo la costa caraibica del Nicaragua, più o meno dal confine con la Costa Rica fino quasi a Bluefields, un’area dove al tempo della guerra civile comandavano i contras della destra anti-sandinista. I rama dividono Il loro territorio con i Kriols, i discendenti degli schiavi africani che hanno adottato il loro stile di vita. I Rama-Kriols vivono in 9 insediamenti ed il loro territorio si estende su 4.843 Km2, dove pescano, cacciano, coltivano e allevano animali. Se il progetto del grande canale del Nicaraga andrà avanti, questa regione verrà spezzata in due.
Il canale è stato proposto al governo sandinista dal miliardario cinese Wang Jing e dovrebbe essere gestito da una sua compagnia, Hong Kong Nicaragua Development Group – HKND.

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Cambiamento climatico

ROMA, 23 GIU – Il progetto del Canale interoceanico del Nicaragua potrebbe causare un massiccio cambiamento ecologico in Nicaragua e nei Paesi vicini. Lo sostiene un team di scienziati internazionali, che solleva perplessità sul rapporto presentato dall’Environmental Resources Management (Erm), la società di consulenza assunta dal Hong Kong Nicaragua Canal Development Company, che con il governo del Nicaragua dovrebbe costruire il canale. I ricercatori, che si sono incontrati per un workshop alla Florida International University (Fiu), sottolineano che la valutazione dell’Erm, ancora non resa nota in modo integrale, non misura adeguatamente l’impatto del progetto. In particolare, dicono gli scienziati, il rapporto fornisce dati insufficienti sulla qualità dell’acqua, la geologia, l’impatto della rimozione dei sedimenti, l’erosione e la pesca. Una delle maggiori preoccupazione degli scienziati riguarda la disponibilità di acqua necessaria per il canale; il progetto prevede di dragare nel Lago Nicaragua (una dei maggiori bacini del Sudamerica) i sedimenti dei canali di navigazione e di utilizzare l’acqua del lago per muovere le chiuse del canale. Ma per via del clima fortemente stagionale, che prevede anche siccità e uragani, gli scienziati mettono in dubbio la disponibilità ipotizzata di risorse idriche. Quindici le preoccupazioni maggiori degli scienziati, tra cui la deforestazione, la mancanza di previsioni climatiche a lungo termine e l’impatto del canale sulla biodiversità acquatica, piante e animali a rischio estinzione. Secondo gli scienziati, inoltre, il periodo di tempo per cui si è protratto lo studio dell’Erm (due anni) è inferiore ai tempi necessari per valutare in modo adeguato gli impatti a lungo termine.

Fonte:

http://www.ansa.it/web/notizie/canali/energiaeambiente/clima/2015/06/23/canale-nicaragua-potrebbe-causare-cambiamento-ecologico_89d845c5-cae6-4d8e-b8c6-9657439e1c55.html
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